lunedì 3 maggio 2010

dell'arte e della scrittura



Istantanee da un diario,forse


Zerocinque sei.


La dea della felicità,che K. scorse in fondo al giardino,altra cosa che non comunicazione di flusso,non occorsero più la storia né prassi alcuna,la circostanza era l’uscita di scena di uno che in scena non ci stava,e proprio per questo,nella peraltro improvvisata quanto ardua redazione


Della presente cronaca l’ultima parola,circoscrive tutt’altro,inimmaginabilmente lontana,assenze remote e favole perdute .Presente che sarà mai?Chi e cosa?questa è la scrittura.E’ qui che le questioni da porsi sono a modo loro risposte,che contengono altre domande,la natura palindroma dello spazio tempo comportando che il regressus sia un procedere,vedi me,ma questo e’ localmente vero solo a regime di sviluppi lineari ,vale a dire mai.


Kafka ed Omero,con occorrenze e cagioni del bello scrivere?Che si trattasse fors’invece di soggettivazioni della morte,occorrenze e cagioni dello scrivere,letteratura che muove oltre sé stessa.


Copiava Eschilo con parole sue,si chiamò Freud,proponendosi ogni testo come singolo iter cognitivo,premesso l’isomorfismo fra racconto e frase,avendo la tragedia come oggetto elettivo la liberazione dal tragico,pensare a Socrate come semiotica di Platone(così Husserl),un’istantanea ancora da sviluppare dopo venticinque secoli.


Da nove uno zerosette:riprendere l’affermazione di Wilde sul sul fatto che occorre che si parli di arte perché questa esista.


Ascoltare vuol dire trasformarsi in ciò che si ascolta,aggirando la barriera dell’identità.


Godere del colore e non del dolore,le gradazioni alchemiche dell’oro,questionari di onomastica e fisiognomica.,la frase da fare nel bimbam delle parole.