virtù sistematicamente deteriorate da atti temerari, per la nostra anima e la nostra gloria, si struggono e si estendono nell’avventura del destino che converte la propria creatività in traboccanti varietà di movenze e singolari manifestazioni di verosimile istrionismo, in una utopica agreste sala da ballo aveva arpionato una matrona imbattibile nella fellatio, magistralmente eseguita in affollato parking senza troppi protocolli, a qualche kilometro tra i ruderi della superba industria altri godevano delle proprie donne davanti e di dietro, accanto a stupefacenti padiglioni un vitreo teologo del gruppo biblico di ginevra, un’edizione critica del manifesto marxiano, voraci transalpini persi in trance da trascinare manualmente nelle auguste sale allietate da esangui musici ispirati da regressi e barbarie e nel pronao un urto fatale tra volumi e carichi altri, nella nube di atomi moti di assestamento, vetro, resina, zolfo, frattanto oscuri sovrani sassanidi completavano barocchi indici analitici, sequestro durante lo sgombero di rifiuti plastici, imprecisati sciami nel ventre riflettendo se piazzare chiodi o altri dissuasori, passò all’atto in maniera boccaccesca, che amarezza, un essere incantevole eppur bramoso di prestazioni che nessuno aveva la forza di somministrar, poco apostolici esercizi senza partecipazione emotiva intanto che esso o egli era ormai in orbite siderali lontanissime e congetturava prossimi incontri più approfonditi, inatteso sbarco che ottenebrava scagliando in universi paralleli interrotti ed esecuzioni memorabili, piero della francesca, iscrizioni regali dimenticate in chissà quale satrapia o all’origine del mondo, esterno giorno, cielo opaco e scolorito, infiammato ancorché assorbito in labirintiche ermeneutiche della wirklichkeit, aveva avuto impressioni molto positive, positivismo, logica formale e crisi cerebrali, inutile dire che ogni fluttuante contemplatio o commozione estetica era ormai polverizzata, tumultuose propensioni karmiche abbattono l’amore per la bellezza o in ogni caso non lo fortificano, la vibrazione della voce spazzava via ogni frammento di principio della realtà o eventuali cumuli di neve, impossibile eccitarsi o riscoprire la dottrina del conatus neanche di fronte a cotanto fulgor, irruente e forse anche sadico, la chioma afferrata con una impetuosità che anelava ad afferrare la totalità e anche di più, fuori dal lupanare era preferibile essere estranei, toccò spiegarlo tra folkloristiche allegorie e didascalie approdando al corno di lepre, ancora più dirompente sotto una gotica acquerugiola e assai determinato a riconquistare precedenti paragrafi, attività terrificanti, immettere improbabile rigore in un’oasi di tupamaros o in introvabili appartamenti collettivi tra nerboruti in cerca di calce e slavati slavi ebbri a caccia di pigmenti favolistici, piogge sparse e sessioni densamente hard, blando sottofondo klezmer, crocevia di peccatori d’ogni sorta che sbarcavano a raccontare le loro calamità tra brocche di saké e intrugli di miso e wakame che almeno non deteriorarono uno sconquassato metabolismo, scorrerie di argonauti e bisonti nell’esofago, interno notte, glaciale salone delle grottesche, me falta la palabra, si avvicinava leggerissimo, voce serafica e vertiginosa fragranza, iperbolico concilio un po’ svigorito, uditorio raro quanto intorpidito, uscita dal solenne palácio, peripato sotto poco stellata volta, niente night, inenarrabile flusso esistentivo, minimalisti calici blu di prosecco, baci roventi, dimmi che mi ami, così lui, verso un universo fantastico che neanche immaginava, la percezione del sonno e del respiro, una curiosa insonnia si impossessava di ciò che restava del giorno o dei giorni precedenti, giornate sulfuree, allo zinco, invelenite da atrocità varie nel nome di deperite istanze scientifiche o di presunti luminari che avevano trasceso il trascendentale, cercando di congiungere profonde intuizioni misteriche con lampi di intelligenza che salgono l'uno dopo l'altro sulla scena e si fabbricano ad arbitrio i soggetti dei loro mondi come se si trattasse di favole, i gusci semantici di idiozia e imbecillità e il meditato coraggio, tutto attorno si fa sempre più torbido, nel dubbio meglio sospendere il giudizio e astenersi da ogni cronaca di fughe annunciate, levare il campo e con quale coraggio arpionare questo filosofo per migrare con lui nell'eccelso, o meglio che cosa aveva evitato ciò fino a quell’istante, quasi investita dal suo passaggio, impercettibili lampi nell’inalterabile, diafano es tu rostro, le quantificazioni svaniscono, inutile simulare indifferenza o argomentare improbabile animosità, non serve nutrirsi ché della tua voce mi sazio, aimance, différance, entrata in mondi altri apparentemente stridenti, rude discesa tra racconti portentosi e costruzioni perifrastiche passive, ritornò per motivi non certo letterari, sogni stravaganti riferiti da campo de’ fiori mentre l’etereo grado noematico sprofondava in un insolito smarrimento, una minacciante matrix glocitans tra sentieri assai fragili, dai poteri del corpo ai corpi senza potere, le corps fait peur à ce moment, tautologico il descrittivo, inebrianti vortici verso l’antimateria
sabato 17 gennaio 2009
virtù sistematicamente deteriorate da atti
Pubblicato da riccardo cavallo
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